So che non è facile prendere la decisione di incontrare uno psicologo, poichè significa ammettere prima di tutto a sé stessi di avere un problema che da soli non riusciamo a risolvere. Molto spesso è più semplice trovare delle alternative surrogate, chiedendo all’amica, scrivendo in un forum o su facebook in cerca di una soluzione più comoda e passiva, magari nella speranza di sentirci dire ciò che desideriamo. Però sappiamo che probabilmente questo non ci aiuterà davvero a cambiare, perché lo psicologo ha strumenti diversi grazie ai quali sa guidarci nel processo di esplorazione del disagio e di identificazione delle risorse e strumenti necessari per far fronte alle problematiche.
Vorrei quindi chiarire bene come funziona il supporto psicologico, che per me si svolge in ambito perinatale, mostrando il percorso nella sua semplicità. Partiamo dall’inizio.
Il primo incontro è un incontro molto importante, forse il più importante, poiché è quello in cui, oltre a definire le regole del gioco (luogo degli incontri, orario, tempistiche, prezzo, metodologia, riservatezza delle informazioni…), si identificano gli obiettivi (perché siamo qui? qual è l’obiettivo da raggiungere? Qual è il problema? Quali sono le aspettative?) e soprattutto si crea la relazione. E’ fondamentale parlarsi, osservarsi, la persona deve vedere se a pelle piaccio oppure no, se si sente a suo agio, se comunico in un modo per lei chiaro e comprensibile, se ritiene di potersi affidare e se avverte la voglia di lavorare con me. Ovviamente ci tengo a specificare che non si può pretendere di uscire da questo incontro avendo risolto tutti i propri problemi: l’esito sarà la definizione del percorso e l’identificazione di una modalità di lavoro che sia in linea con le esigenze emerse.
Dopo questo primo incontro, i seguenti (il cui numero da 3 a 8-10 incontri circa) saranno incentrati sui temi portati dalla persona, che se notate non chiamo paziente, dal momento che di fatto non si tratta di una persona “malata” (vedi mio articolo LINK BLOG). Gli incontri sono quindi diversi di volta in volta e gestiti in maniera differente a seconda del mio interlocutore e delle sue necessità e preferenze.
Nell’ultimo incontro in genere si ripercorre insieme il cammino effettuato, valorizzando i risultati ottenuti ed identificando, se ci sono, eventuali nuove opportunità.
Negli incontri di gruppo, la metodologia è pressoché identica: il mio ruolo è quello agire da facilitatore, stimolando riflessioni, confronti, dando spunti e monitorando sul mantenimento di una modalità di interazione tra i partecipanti che sia rispettosa, funzionale e attiva.
Avrei tante altre cose da aggiungere, ma credo di aver riassunto ciò che è cruciale sapere rispetto alla mia modalità di procedere…tutto il resto lo conserverò per il nostro primo incontro!