La figura del papà ha (finalmente!) intrapreso in questi ultimi anni un’interessantissima evoluzione: da persone autoritarie e marginali nella vita dei figli, i padri hanno iniziato a dimostrare la loro voglia di esserci e di contribuire in maniera attiva, assumendo un ruolo ben più centrale nella routine famigliare.
La psicologia stessa sta iniziando solo da poco a studiare la figura del papà: ci basti pensare che John Bowlby, colui che ideò la Teoria dell’Attaccamento (1969), ancor oggi considerata un pilastro portante della psicologia dello sviluppo, nonché linea guida fondamentale per valutare la relazione che intercorre tra il bambino e chi si prende cura di lui, aveva basato le sue ricerche facendo riferimento unicamente alla mamma.
Suo figlio Richard Bowlby, alcuni anni fa dichiarò: “Ricordo di aver chiesto a mio padre riguardo al ruolo del padre nella teoria dell’attaccamento, ma lui non aveva un’opinione precisa al riguardo e concluse la conversazione dicendo ‘Bene, un bambino non ha bisogno di due madri!’. Dagli anni ’80 però ha valorizzato molto di più il ruolo del padre, sebbene il riconoscimento dei padri sia arrivato tardi nella sua carriera, e sospetto che il suo concentrarsi intensivamente sulle madri abbia deviato i ricercatori e distolto i valori culturali.” Come dargli torto!
A oggi però la cultura imperante del padre che lavora tutto il giorno, torna a casa la sera, si siede sul divano a leggere il giornale e si occupa unicamente di riprendere i bambini qualora non “righino dritto”, sta finendo.
Seppur il mondo stia cambiando, ancora il lavoro da fare è tanto. Qualche uomo si cala in questi nuovi panni con grande naturalezza, per qualcun altro l’impronta culturale e i propri modelli famigliari sono forti e difficili da sradicare.
In questo dobbiamo essere brave noi mamme, a riconoscere la loro importanza e a creargli degli spazi dedicati che li mettano nella condizione di sperimentarsi e prendere confidenza con il loro “sentirsi papà”. Anche noi operatori dobbiamo fare la nostra parte, offrendo attività di supporto (ad esempio i percorsi nascita) in orari accessibili anche per chi lavora.
La strada per il vero cambiamento culturale è ancora lunga, ma è bello vedere che il modello sta evolvendo e ancor più è bello sentirsi parte attiva di questa trasformazione.