Essere mamme in questo periodo è complesso, più stancante del solito perché oltre alla solita routine, già di per sé impegnativa, c’è anche il carico psicologico del coronavirus. Non per quelle che sono sotto effetto NIMB (Not In My Backyard – trad: non nel mio cortile) che vivono in maniera assolutamente normale, come se nulla fosse, minimizzando al massimo la situazione, rimanendo estranee alla nuova quotidianità. A loro in qualche modo invidio la spensieratezza, ma allo stesso tempo mi preoccupano per la loro imprudenza.
Stare nella zona rossa e sentire passare le ambulanze fa venire una stretta la cuore, così come aggiornarsi sui bollettini dei conoscenti ricoverati, vedere le strade deserte, guardare allibiti i supermercati svaligiati chiedendosi se stiamo tutti uscendo di testa, infuriarsi con chi fa finta che sia tutto ok, cercare di fare quella che è ok anche quando c’è una pesantezza di fondo che non se ne va.
I bambini sono a casa da scuola, dunque le giornate sono lunghe da far passare, badando alla casa, giocando, assecondando richieste e gestendo capricci. Per chi ha due bimbi piccoli poi la routine è ancora più incasinata, con le gelosie che vanno alle stelle, i dispetti, uno che sveglia l’altro, che ci avevo messo 20 minuti a far addormentare e adesso è noioso perché è stanco, ma non riesce a dormire.
Vivere così è snervante. Ti trovi alla sera sul divano stremata a fare il resoconto di quanto sei stata una madre di m****, quante volte hai urlato e avresti dovuto evitare però me lo ha proprio tirato fuori, a fare il conto di tutto quello che non sei riuscita a fare e a chiederti quando finirà tutto questo.
E poi ci sono le ambivalenze da gestire: e quando riaprono le scuole, lo mando o no? Perché io a casa sono stremata, ma se lo mando e si ammala? E se ci ammaliamo tutti, i bambini chi li cura? Be, comunque nei bambini i tassi sono molto bassi, i loro sistemi immunitari sono migliori dei nostri, anche in Cina i casi sono stati quasi irrilevanti. E poi c’è un neonato in terapia intensiva, e tutti i ragionamenti consolatori vanno in pezzi. Si però quanti bambini ci sono in terapia intensiva al di là del coronavirus? Quelli sono problemi veri, non il coronavirus, che non lo prenderemo mica proprio noi? Con tutte le attenzioni che sto osservando, mica vado al centro commerciale a farmi alitare addosso.
Così scrivi alle amiche per sapere come stanno. Quelle con figli sono tutte in quarantena autoimposta, mediamente esaurite. Ci diamo notizie nefaste e poi ci consoliamo da sole, pensando ai casi positivi e alle cose belle. Quelle senza figli conducono vite pseudo normali che mi faccio raccontare sentendomi come uno a dieta davanti alla vetrina di una pasticceria e di base le invidio tantissimo, anche se mi preoccupano perché le penso nelle grinfie del nemico. E allora con voi ci rivedremo quando tutto sarà finito, quindi..l’anno prossimo?
Che pesantezza vivere così. Che voglia di un po’ di leggerezza.
Usciamo a fare una passeggiata che c’è un bel sole e respiriamo un po’ d’aria, che sembra già primavera. Guardiamo i nostri bimbi giocare e lo so che è pesante, ma tra pochissimo saranno grandi e queste giornate cosi grevi saranno solo un ricordo sfuocato. E dai, alla fine non sono una mamma malaccio, ce la sto mettendo tutta, sto facendo del mio meglio, non è poco.